Controcorrente
di Giuseppe Mazzella
Il referendum ed il ritorno del sindacato dei lavoratori
C’è un vincitore nel referendum sui cinque quesiti dell’8 e 9 giugno 2025. Certo, il quorum del 51% degli aventi diritto al voto non è stato raggiunto: con una partecipazione di poco più del 30%, il referendum non è valido e non produce effetti giuridici di abrogazione delle norme oggetto della consultazione popolare, promossa da circa un milione di cittadini, secondo quanto previsto dall’articolo 75 della Costituzione.
Tuttavia, la partecipazione di circa 14 milioni di elettori rappresenta un segnale forte di ritorno alla partecipazione politica e richiama con urgenza la necessità di modifiche alla legge elettorale per l’elezione di deputati, senatori, presidenti di regione, sindaci, consiglieri regionali e comunali. Queste cariche costituiscono le fondamenta della “democrazia indiretta o della rappresentanza” su cui si basa la democrazia repubblicana sancita dalla Costituzione del 1948. Essa sintetizza un percorso storico della “democrazia politica” nato con la rivoluzione inglese del 1689 e ampliato con la rivoluzione americana del 1776 e quella francese del 1789.
Queste tre rivoluzioni fondano la democrazia politica e la legano al liberalismo. Personalmente, faccio partire la democrazia politica da John Stuart Mill e dal suo saggio “La libertà” del 1859, che considero l’inizio del libero pensiero politico moderno. La democrazia politica si fonda sulla rappresentanza, cioè è indiretta. La democrazia diretta, intesa come governo diretto di tutti i cittadini, è un concetto anarchico: 60 milioni di persone non possono governare se stesse contemporaneamente.
Il ricorso alla democrazia diretta, ovvero far esprimere il popolo su una singola norma anziché su un programma politico complessivo, deve essere considerato un’eccezione. Deve avvenire solo in casi fondamentali, come il referendum del 2 giugno 1946 sulla scelta tra monarchia e repubblica, o quello del 1974 sull’abolizione del divorzio. Un abuso di questo strumento – come è avvenuto con i radicali di Marco Pannella negli anni ’90 con quesiti di scarso rilievo – ne svilisce la forza e genera caos nella democrazia rappresentativa.
Il ritorno della CGIL
Cinque quesiti referendari, in un caldo giugno, senza il sostegno dei partiti solidi della cosiddetta “prima Repubblica” – con le loro organizzazioni territoriali concrete, come le gloriose sezioni di DC, PCI e PSI – non potevano raggiungere il quorum. Questi quesiti erano stati promossi dalla CGIL, il più antico sindacato italiano, che nel 1949 con Giuseppe Di Vittorio aveva proposto un piano per il lavoro e contribuito alla legge sul collocamento, con l’istituzione presso ogni comune dell’“Ufficio per il lavoro e la massima occupazione”.
Chi volesse approfondire, potrebbe studiare quell’importante legge, che ha prodotto effetti positivi per oltre sessant’anni e ha influito su almeno due generazioni di italiani. Dopo una ventata di “liberismo” (diverso dal liberalismo), la CGIL resta la più antica organizzazione dei lavoratori, impegnata oggi nel confronto sul nuovo diritto del lavoro nell’epoca della globalizzazione.
Non lo fa per me, che ho 76 anni, ma per chi ha 26, 36 o 46 anni e vive ancora con contratti di lavoro “precari”, a “tempo determinato”, di “collaborazione temporanea”, a “prestazione occasionale”, tramite “somministrazione di lavoro con società interinali” e simili. Un “mercato del lavoro” che, come ogni altro mercato, rischia di mercificare anche i valori della politica.
La CGIL si fa carico di questo problema e chiede “dignità per il lavoratore”. È un ritorno alle sue origini e alla sua identità. Contemporaneamente, la CISL – sindacato tradizionalmente “cattolico” – sceglie di schierarsi con i vincitori momentanei di destra, contribuendo a un nuovo assetto politico e sociale dell’Italia di oggi. Il partito della Meloni è la nuova DC, con nuove vesti e simboli.
L’appello di Landini
Il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, ha dichiarato che nei due mesi della campagna referendaria ha trovato una “partecipazione popolare mai vista prima” e che la CGIL deve tornare sui territori con le “Camere del Lavoro”. Da questo risultato nasce un ruolo più attivo e concreto del sindacato, simile a quello di Di Vittorio.
Anche a Ischia nascerà nuovamente una “Camera del Lavoro”: la CGIL aprirà una nuova sede fisica proprio nel comune più fragile dell’isola. Sarà un segno concreto di speranza.
G. M.
Il Continente – 15 giugno 2025